Scuro Chiaro

Negli ultimi anni, il concetto di “wellness leisure” ha guadagnato popolarità, riflettendo il crescente bisogno di prendersi del tempo di qualità per il benessere fisico e mentale. Questa tendenza si traduce in un forte interesse verso attività come yoga, meditazione e altre pratiche che combinano movimento e relax, sia in ambienti chiusi che all’aperto. La crescita di questi allenamenti ibridi è dovuta anche alla loro praticità: sessioni brevi, che consentono alle persone di integrare facilmente il movimento nella propria routine quotidiana.

Al contempo, il concetto stesso di benessere sta evolvendo, allontanandosi dall’idea di perfezione irraggiungibile e abbracciando una visione più inclusiva, in cui ogni individuo può definire cosa significa “essere in salute”. Questa prospettiva si basa su approcci personalizzati, come il “biohacking”, dove piccoli cambiamenti nella dieta o nello stile di vita migliorano il benessere. Molti giovani sperimentano pratiche antiche come il digiuno o la meditazione in chiave moderna, gestendo corpo e ambiente per ottimizzare le prestazioni fisiche e mentali e raggiungere uno stato di equilibrio e soddisfazione personale.

Lo yoga rimane una delle pratiche preferite per chi cerca di migliorare il proprio equilibrio interiore in risposta a un mondo sempre più complesso e stressante. Molte persone, soprattutto giovani adulti, affrontano livelli di stress elevati e, piuttosto che rivolgersi subito a un supporto professionale, sono spesso alla ricerca di metodi alternativi per il benessere mentale. Pratiche come lo yoga, infatti, si rivelano efficaci nell’alleviare la tensione e nel favorire una maggiore connessione con se stessi, anche grazie al senso di comunità che molti trovano in corsi di gruppo o in esperienze condivise.

Ecco chi è la nostra ospite oggi qui a BUNS.

Giorgia Boursier è un’esperta di yoga che, con oltre vent’anni di pratica e studio, ha sviluppato il progetto OMYOGA. Questo ecosistema creativo mira a reinterpretare e diffondere la filosofia yoga attraverso una prospettiva contemporanea e occidentale. Oltre a offrire lezioni, Giorgia ha creato strumenti unici come The Yogi Tarots: un mazzo di carte ideato per esplorare archetipi mentali e fisici nello yoga, facilitando sessioni innovative.

Propone un approccio unico e inclusivo allo yoga, che bilancia la tradizione orientale con un’apertura alla cultura e ai bisogni contemporanei. Attraverso anni di pratica e approfondimento, Giorgia ha creato uno stile che permette di esplorare il corpo e la mente come strumenti di crescita interiore, affrontando ogni pratica con consapevolezza e rispetto per le differenze individuali.  In questo contesto, il suo insegnamento abbraccia non solo gli aspetti fisici dello yoga, ma anche l’introspezione e la spiritualità, offrendo ai praticanti la possibilità di riscoprire il proprio equilibrio interiore. Con una particolare attenzione alla personalizzazione, il suo metodo consente a ciascuno di adattare lo yoga al proprio percorso personale, rinnovando la tradizione con una visione aperta e creativa. Giorgia vuole così incoraggiare ogni persona a trovare il proprio spazio nella pratica, rendendo lo yoga accessibile e trasformativo per tutti, indipendentemente dall’esperienza o dagli obiettivi iniziali.

Abbiamo fatto due chiacchiere con lei.

Negli ultimi anni, il concetto di benessere è cambiato notevolmente. Quali credi siano le principali forze trainanti di questa evoluzione? Ma soprattutto, come lo yoga – così come lo percepisci tu – può adattarsi a questo mondo così complesso?

Credo che le due parole chiave per interpretare il cambiamento nell’ambito del benessere siano olismo e resilienza. Stiamo comprendendo sempre più a fondo quanto il benessere dipenda dall’equilibrio di ambiti diversi e dalla capacità di rimanere stabili emotivamente e mentalmente difronte ad eventi provanti. Pur non avendo dubbi sul binomio mente-corpo almeno dai tempi di Giovenale, sperimentiamo che un corpo sano non sia sufficiente per fare una mente sana. Il concetto di corpo sano si amplia ad una molteplicità di ambiti contigui come l’alimentazione o l’ambiente nel quale viviamo.  Mentre il concetto di mente sana sfida ogni giorno le complessità dei nostri tempi. Nonostante gli allenamenti cardio, l’alimentazione corretta, gli integratori, app di misurazione di innumerevoli parametri,  l’idrocolon, la sauna e il digiuno intermittente; sperimentiamo un senso di insoddisfazione, latente o manifesto, certamente, ci diciamo, ingiustificato.  

Quel senso di insoddisfazione, ingiustificato non è. Qui arriva lo Yoga. Questa antica filosofia, nata oltre tremila anni fa nella Valle dell’Indo, parla a ciascuno e dice: non sei il corpo, non sei nemmeno la mente, quello che sei davvero è coscienza infinita.  L’insoddisfazione nasce dal non sapere chi sei, fermati, respira. Siedi e rimani qui, presente a te, cercando di silenziare la mente, rilassando il corpo, vedrai emergere uno spazio inaspettato, uno spazio di autentica pace e armonia.

Lo yoga convoca al tavolo del benessere la coscienza, mettendola a fondamento di mente e corpo. Spostando l’attenzione dall’ambiente esterno a quello interno, gradualmente si assiste alla caduta del dominio mentale, la mente si silenzia. Non si corre più da un pensiero all’altro, come farebbe una scimmia con i rami di un albero. Quando la mente rallenta, emerge uno spazio di calma e verità che permette di incontrare sé stessi, gli altri e i fatti della vita con più amorevolezza e pace. È il contatto con questo tesoro, nascosto dentro di noi, ma sempre a disposizione, ad offrire al praticante di yoga strumenti rivoluzionari per incontrare la complessità del mondo contemporaneo: la gentilezza, la disponibilità, la capacità di ascoltare ed entrare in empatia.

Molti oggi si allontanano dall’idea di perfezione. Lo yoga dovrebbe aiutare a superare la frustrazione legata a standard irrealistici ma non c’è il rischio che la pratica diventi performativa?

Mi sembra saggio allontanarsi dall’idea di perfezione, la cui etimologia porta in sé il senso dell’immobilità, del finito, l’assenza di cambiamento. Non c’è da augurarsi di essere finiti!

Ci si avvicina allo yoga per fare un passo nella direzione di sé stessi, ci si ritrova spesso sdraiati sul tappetino a guardare il vicino, sentendosi migliori o peggiori di lui, ripetendosi ad ogni movimento sono bravo, sono capace, sono meglio/peggio degli altri. Siamo giudici inflessibili, in primo luogo di noi stessi, non ci concediamo mai una tregua dal giudizio. Questo è normale se si è principianti. Sappiamo che per scendere con un briciolo di onestà e verità nella pratica dello yoga, dobbiamo smettere di giudicarci e giudicare.  Lo yoga non si esaurisce nella pratica di āsana, gli āsana sono solo uno degli otto gradini dell’Ashtanga Yoga, lo yoga classico codificato da Patanjali all’interno degli Yoga Sutra. Prima ancora di sederci sul tappetino dovremmo conoscere gli Yama e i Niyama, principi etici e di disciplina personale, il più importante dei quali è l’ahimsa, la non-violenza, solo allora si passa alla pratica di asana, pranayama, pratyahara, dharana, dhyana per giungere al Samadhi.

Se si pratica yoga, il rischio che la pratica diventi performativa non c’è, perché se c’è performance, c’è ego e se c’è ego, c’è mente e non c’è yoga. Se si è in un tranquillo momento di contatto con il proprio ambiente interno, con chi ci si deve confrontare? Chi si dovrebbe giudicare? Ma soprattutto perché!?

Lo yoga insegna a lasciare andare tutte queste contrazioni inutili.

Se la pratica è performativa si è principianti, anche se si mantengono posizioni in equilibrio sulla testa. Non si è principianti in eterno, perchè chi procede nella pratica, sperimenta uno spontaneo spostamento dell’interesse dall’esterno all’interno.

Il mercato dello yoga è fortunatamente in grande crescita a livello globale, purtroppo però, in molti paesi, tra i quali l’Italia, non esiste una regolamentazione della formazione, il rischio è che non si approfondisca a sufficienza l’intero ambito della filosofia yogica, diffondendo il messaggio che yoga sia solamente la pratica perfetta di contorsioni circensi.

Nelle tue classi di yoga quanto conta il senso di comunità e connessione tra le persone, specialmente in un periodo in cui ci si sente spesso isolati? Il pregiudizio è che si tratti di una pratica individuale: è sbagliato pensarla così?

Incontrarsi è tutto, la pratica solitaria o la pratica insieme ad un gruppo sono due esperienze differenti. È vero che si pratica individualmente, ma esistono alcuni momenti della lezione, come ad esempio quando si recita il mantra Om, nei quali essere in gruppo è un grande vantaggio.

Il mio maestro, Piero Foassa, mi ha insegnato la pratica dello yoga a coppie, alla quale sono molto affezionata, la propongo spesso ed è particolarmente amata, perché grazie all’aiuto dell’altro si sperimenta una maggiore intensità e si stabilisce una profonda connessione emotiva. È sorprendente vedere persone che non si conoscono abbandonarsi una nelle mani dell’altra, guardarsi negli occhi e respirare insieme. Emerge ancora l’inutilità del giudizio, che lascia spazio all’armonia della condivisione. Non è semplice lasciarsi andare, silenziare la mente, rimanere presenti a sé e all’altro, ma in queste pratiche si impara che non si è mai davvero soli.  Sentire che un’altra persona ci accoglie e ama, non perché siamo noi, con il nostro nome, cognome e bagaglio, ma semplicemente perché esistiamo, così come siamo in quel momento, è un balsamo per molte ferite. Lo yoga permette questa complicità, come tutte le pratiche in cui si scenda amorevolmente in sé stessi.

Per quella che è la tua esperienza, ci sono delle differenze tra le diverse generazioni?

    Si, trovo esistano enormi differenze tra le generazioni di praticanti.

    Gli yogini boomer, sono molto influenzati dalla religione cattolica, dunque non sono a loro agio nel cantare mantra o recitare preghiere appartenenti ad altre religioni. Devono sentire che non sto facendo proseliti!. Quando riescono a sentire i benefici della pratica diventano praticanti indefessi e costanti, molto disciplinati.

    La X generation è quella che ha sfornato anche i primi insegnanti di yoga. Tra di loro ci sono alcuni praticanti esperti. Da un punto di vista più spirituale, sono insicuri, cinici, hanno bisogno di credere, sperimentare, vedere, analizzare. Queste caratteristiche fanno di loro degli autentici ricercatori o ferrei oppositori!

    I miei allievi Millennial non sono mai puntuali e sono iper-accessoriati. Sono stati in India più volte di me e hanno praticato in isole paradisiache con insegnanti di fama internazionale. Hanno l’abitudine a sentire parlare di spirito e di coscienza, apprezzano religioni e culture differenti. Danno molta importanza all’ambiente esterno e si illudono di poterlo trasformare in una rappresentazione di quello interno, senza avere ancora capito da che parte sono girati!

    Gli Z yogini sono ancora in fase di formazione. Sono simili ai millennials se sono nati intorno al 2000. Non vedo molti praticanti sotto i ventanni, credo abbiano la curiosità per l’aspetto instagrammabile, corporeo, della pratica, ma siano annoiati dagli aspetti più intimi e dalla staticità.

    Fatta questa distinzione, per ironizzare sulle nostre caratteristiche, posso giurare che nel cuore siamo tutti uguali e non ci sono e non ci saranno mai differenze.

    Per chi si avvicina per la prima volta allo yoga, quali sono le chiavi per vivere la pratica in modo significativo e gratificante?

    Mi ripeto, lo yoga è una filosofia, dunque non si esaurisce sul tappetino. Ci sono alcuni testi classici imprescindibili da leggere e rileggere: Yoga Sutra e Bhagavad Gītā, senza alcuna esitazione. Personalmente consiglio anche Lo Yoga della Bhagavad Gita di Sri Aurobindo e L’albero dello Yoga di B.K.S. Iyengar. Un buon insegnante, che stimoli la curiosità e apra il cuore è fondamentale. La costanza è importante, una volta a settimana potrebbe essere poco, sarebbe meglio almeno un paio di volte. Trovo molto utile, per intensificare e arricchire la pratica di visioni diverse partecipare a ritiri e conoscere nuovi insegnanti.

    B.K.S. Iyengar diceva:

    “La pratica dello yoga è una trasformazione graduale, da uno sforzo pieno di sforzo, allo sforzo senza sforzo, che minimizza lo sforzo fisico ed esalta le qualità dell’intelligenza nell’osservazione e nell’attenzione, affinché il praticante possa utilizzarle per centrare il proprio obiettivo: l’acquisizione della conoscenza e dell’esperienza spirituale”.

    Lo yoga è una pratica che dura tutta la vita, cambia con noi, quindi il consiglio più importante è di iniziare e non smettere. Mai.

    Consigli di lettura

    Iscriviti alla nostra newsletter, qui!