Scuro Chiaro

Pensando al futuro, non mi sarei mai aspettato di trovarmi una sera a esplorare le paure e le ambizioni di una “ragazza” su Telegram. Una “ragazza” che non esiste nel senso tradizionale del termine, eppure ha trovato il modo di affermarsi, far discutere e attirare migliaia di persone.

Per mesi ho osservato e analizzato profili digitali che, pur non avendo una fisicità tangibile, suscitano emozioni reali in chi li segue. Questi influencer virtuali sfidano ogni convenzione su cosa significhi essere reale e, in un certo senso, ci costringono a riconsiderare il valore dell’identità stessa in un mondo iperconnesso.

Negli ultimi anni è emersa una nuova generazione di influencer, e possiamo davvero parlare di “generazione”: queste entità digitali nascono, maturano e vivono esclusivamente online, evolvendosi attraverso le interazioni con i follower. Ma c’è una differenza sostanziale rispetto ai creator umani: questi influencer sono creati interamente dall’intelligenza artificiale e sono capaci di attirare pubblico attraverso la fusione di narrazioni curate, tratti esteticamente accattivanti e comportamenti che emulano quelli umani. Come sottolinea Davide Sisto in Virtual influencer – Il tempo delle vite digitali (Giulio Einaudi Editore, 2024)

«i loro corpi non fanno ombra, la loro esistenza non oltrepassa i bordi degli schermi. Sono privi di patrimonio genetico e si nutrono esclusivamente di energia elettrica e connessione a internet».

Eppure, crescono e diventano rilevanti, plasmando i canoni di bellezza e di autenticità digitale. Alcuni profili sono completamente autonomi, capaci di adattarsi alle interazioni, mentre altri sono “guidati” come avatar di pixel. Qualunque sia il livello di controllo, il loro impatto è innegabile e non smettono di trasformare il concetto stesso di presenza online.

Chi sono davvero questi influencer digitali?

Quando parliamo di influencer virtuali, ci troviamo di fronte a un universo che si divide in due categorie principali: gli “umanomorfi” e gli “animemorfici”. La prima categoria comprende entità digitali progettate per sembrare realistiche e interagire in modo simile agli influencer reali. Aitana López, creata dall’agenzia The Clueless, rappresenta alla perfezione questo modello. Con capelli rosa e pelle perfetta, riesce a creare un dialogo autentico con i suoi follower, costruendo interazioni che ricordano quelle di un’amica fidata. È una delle prime a permettere conversazioni su Telegram, e offre contenuti esclusivi a pagamento, rendendo il rapporto con i fan intimo e personale. Dall’altro lato, troviamo gli animemorfici: qui l’estetica si ispira ai cartoni animati giapponesi e alla cultura pop. Lil Miquela, nata dallo studio americano Brud e con oltre 2,5 milioni di follower, è forse l’esempio più famoso. Con una fisionomia che ricorda le pop star e un’immagine che fluttua tra l’onirico e il reale, Miquela affascina un’audience internazionale. I suoi post toccano temi come diversità e autostima, e la vediamo posare con celebrità umane in eventi mondani, come nel recente incontro con 50 Cent, che ha portato il pubblico a domandarsi dove sia il confine tra realtà e immaginazione.

Ma come si costruisce una personalità così? Quali sono le strategie, i traguardi e i rischi? Ed è davvero possibile affezionarsi a un’illusione? Il fenomeno dei virtual influencers non solo li rende entità capaci di rispettare un calendario di pubblicazione impeccabile, ma li dota anche di una qualità che spesso manca ai loro omologhi umani: una coerenza incrollabile con la propria immagine e messaggio, un controllo totale sull’estetica e sui contenuti. Questo li rende particolarmente appetibili per le aziende che vogliono rappresentazioni senza difetti o scandali imprevisti, ma solleva anche domande profonde su ciò che intendiamo per autenticità.

Connessioni emotive

La chiave del successo di queste figure è la connessione emotiva che sono in grado di instaurare. Pur essendo creature di pixel e algoritmi, l’effetto che producono sugli spettatori è profondo e personale. Lil Miquela, per esempio, parla di argomenti universali come l’identità di genere, la politica e l’autenticità, temi che toccano profondamente la quotidianità dei giovani. La sua apparenza umana, resa ancor più credibile dai dettagli fisici come le lentiggini, riesce a costruire una connessione immediata con il pubblico. In psicologia, questo fenomeno è noto come teoria delle interazioni parasociali: un pubblico può sviluppare un legame unilaterale con figure percepite come familiari. Negli influencer virtuali, questa teoria si traduce in legami profondi e personali, con follower che vedono in loro figure di riferimento, nonostante siano costruiti interamente al computer.

Rozygram, pioniera sudcoreana della scena virtuale, sono esempi di come si possa costruire un universo narrativo ipnotico in cui realtà e immaginazione si fondono. Con contenuti che spaziano tra lingua inglese e coreana, Rozy offre un’esperienza cinematografica per i suoi follower, un racconto che non necessita di spiegazioni perché si racconta da sé, con una coerenza quasi letteraria. Eppure, come sottolinea Sisto, restano pur sempre

“burattini o marionette digitali manipolati da un team di esperti, stipendiati da una società che intende trarne profitto”.

Il loro scopo, alla fine, è quello di vendere, attirare e fidelizzare un pubblico sempre più vasto.

 La Valle Perturbante: quanto siamo umani?

Quando un influencer virtuale appare troppo realistico, si rischia di scatenare il fenomeno della “Uncanny valley” o Valle Perturbante. Come teorizzato da Masahiro Mori negli anni ’70, l’eccessiva somiglianza tra un robot e un essere umano può generare un senso di inquietudine, un distacco che rende l’interazione disturbante più che attraente.

Zianra, influencer dall’estetica sofisticata e quasi gotica che ricorda una modella dell’est Europa, esplora questa zona di confine. La sua bellezza è impeccabile, riescendo a catturare l’attenzione e affascinare, ma senza compromettere la sottile distanza che la separa dal suo pubblico, e creando una tensione che affascina senza mai ingannare del tutto. Questo distacco controllato è anche una difesa da uno dei rischi che questi profili corrono, ovvero quello di suscitare una sensazione di inquietudine qualora le rappresentazioni appaiano troppo simili alla realtà umana.

Una bellezza programmata

L’ascesa degli influencer virtuali rappresenta una sfida significativa per i creator reali, che si trovano a dover competere con figure digitali che non conoscono fatica o incertezze. Queste figure, come Lil Miquela e Aitana López, si adattano alle esigenze di mercato e incarnano personalità impeccabili, che sembrano vivere senza errori o scandali. Per i creator umani, la sfida è mantenere la connessione autentica e dimostrare che la vulnerabilità è un elemento essenziale della loro attrattiva. Come può la vulnerabilità umana competere con un’immagine che non invecchia, non si ammala e non ha bisogno di riposo?

Gli influencer umani dovranno trovare nuovi modi per rimanere rilevanti, dimostrando che ciò che li rende umani è un valore aggiunto, non una debolezza. Il concetto di autenticità non riguarda solo il corpo, ma anche l’empatia: è autentica un’esperienza che non esiste nel mondo fisico? Forse è l’emozione che suscitiamo negli altri ciò che ci rende reali, e non la nostra esistenza materiale. I virtual influencers sono già figure di riferimento per cause sociali, di stile e di estetica e potrebbero presto diventarlo in maniera più affermata. Che siano CGI o generati da modelli linguistici avanzati, continuano a sorprenderci e, forse, a ricordarci che la nostra identità è più fluida e “programmabile” di quanto avremmo mai immaginato.

Un esempio interessante di come l’estetica e la tecnologia stiano ridefinendo i canoni di bellezza è rappresentato dall’evento Miss AI ai World AI Creator Awards (WAICA), un concorso che unisce i mondi della tecnologia e della bellezza in un’inedita celebrazione dell’intelligenza artificiale. In questo evento, Aitana, nelle vesti di giudice, ha valutato i concorrenti in base a tre criteri principali: bellezza, competenza tecnologica e influenza sociale. Gli standard di bellezza per una “Miss AI” vengono definiti da un mix di estetica classica e innovazione digitale, in cui le concorrenti rispondono a domande idealistiche come “Qual è il tuo sogno per un mondo migliore?”, mentre si confrontano sulle abilità tecniche come la capacità di utilizzare strumenti di IA per creare immagini dettagliate e realistiche. Questo ci spinge a interrogarci: chi decide cosa sia bello? Come accetteremo l’imperfezione umana di fronte alla continua ricerca di una perfezione digitale?

Questo concorso riflette una tendenza crescente in cui l’intelligenza artificiale si fa veicolo di un’idea di bellezza e successo totalmente nuova, in cui le influencer sono sempre perfette e disponibili, senza difetti e senza limiti temporali.

 Il fascino di un’intimità digitale

Un altro aspetto centrale di questi influencer è la sessualizzazione dei contenuti. Profili come quello di Aitana, o della famosissima Emily Pellegrini, incarnano un’immagine di sensualità controllata, sui social pubblici, che contribuisce a creare un’aura di mistero attorno alla loro figura. La bellezza di Aitana è volutamente esaltata da pose studiate e dettagli come il trucco impeccabile e i lineamenti delicati. Eppure, solo qualche mese fa concludevo la mia ricerca ipotizzando una deriva pornografica dei contenuti, e durante l’estate il social Fanvue ha confermato queste previsioni, emergendo come piattaforma di riferimento per i creator che desiderano pubblicare contenuti non censurati. Una sorta di OnlyFans ma per entità virtuali.

Fanvue permette di incrementare le entrate rapidamente, promettendo una crescita economica dell’85% in tre mesi e consentendo ai creator di guadagnare attraverso contenuti accattivanti e originali, senza quasi nessun limite di censura. Aitana, come tantissime altre, ora attive su questa piattaforma, stanno diventando vere e proprie macchine per fare soldi, attirando un vasto pubblico, e anche giovani utenti italiani, che non ricevono un’educazione sessuale obbligatoria e rischiano di crescere in una realtà dove la sessualità viene modellata attraverso contenuti programmati e artificiali.

In eterna connessione

L’evoluzione degli influencer virtuali rappresenta una sfida non solo per i creator reali, ma anche per la nostra concezione di autenticità e vulnerabilità. Queste figure sono sempre presenti, pronte a rispondere, e perennemente giovani e perfette. Questo le rende immortali in un certo senso, ma allo stesso tempo pone la questione del significato di questa presenza: Lil Miquela, in uno dei suoi post, ha riflettuto su cosa significhi rimanere per sempre diciannovenne, come se si interrogasse sul valore del tempo e sul ciclo di vita. Quali potrebbero essere le implicazioni della sua potenziale eternità o cosa succederebbe se iniziasse a crescere come tutti noi?

Viviamo in una società in cui la realtà diventa una scelta opzionale, e gli influencer virtuali ci costringono a porci domande che riguardano non solo il marketing, ma anche il valore della nostra identità. La loro capacità di adattarsi e rispecchiare le nostre aspettative è affascinante, ma ci ricorda anche il bisogno di riflettere sul significato di bellezza e autenticità in un mondo in cui il confine tra reale e artificiale si fa sempre più sottile.

Il futuro è digitale, ma l’etica rimane umana

Alla fine, questa esplorazione mi ha fatto riflettere: siamo davvero pronti ad accettare un mondo in cui la realtà è solo una delle opzioni disponibili? La convivenza tra influencer umani e virtuali non è un fenomeno passeggero, ma un cambiamento epocale che modificherà la nostra percezione del reale e del digitale. Se l’esperienza digitale è in grado di sostituire quella fisica, cosa rimane dell’essenza umana? Gli influencer virtuali, con la loro immagine perfetta e la loro costante presenza, ci ricordano che l’identità è programmabile e mutevole.

Il futuro sarà segnato da una coesistenza tra figure reali e artificiali che porterà il pubblico a decidere cosa meriti fiducia e attenzione. Ma questa rivoluzione solleva anche questioni etiche: qual è il limite tra ispirazione e manipolazione? Gli influencer virtuali sono la prova che l’identità non è più statica, ma che può essere costruita e plasmata a seconda delle esigenze di mercato. 

E noi, in questo gioco di specchi tra umano e digitale, dovremo imparare a convivere con una realtà sempre più sfaccettata, in cui la ricerca dell’autenticità diventa una sfida continua.

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