Eccoci qui di nuovo sugli small data, che abbiamo imparato essere una raccolta di dati che, sebbene più ridotti rispetto ai grandi volumi di big data, possono comunque offrire spunti incredibili per analisi, previsioni e approfondimenti. Uno degli strumenti più potenti per esplorare gli small data, accessibile a chiunque senza costi, è Google Trends.
Google Trends, per chi non lo sapesse, è una piattaforma gratuita di Google che consente agli utenti di analizzare la frequenza delle ricerche su Google nel tempo, fornendo una panoramica dettagliata dei trend di ricerca dal 2004 fino ad oggi. Questo strumento offre informazioni preziose come la frequenza delle ricerche, gli argomenti correlati, la lingua e la geolocalizzazione degli utenti che effettuano le ricerche.
Quindi, Google Trends non solo ci mostra cosa le persone cercano, ma anche come lo fanno: con che lessico, sintassi e, soprattutto, con quale periodicità. Una vera e propria radiografia dei comportamenti online degli utenti.
A differenza dei big data, che sono spesso complicati da analizzare a causa della loro dimensione e complessità, gli small data sono facilmente interpretabili e offrono informazioni dirette e rilevanti per ricerche mirate. In questo contesto, utilizzare Google Trends per raccogliere piccoli dati può fare la differenza in una varietà di settori. Ad esempio, se stiamo cercando di capire quali sono i temi più rilevanti per un pubblico specifico, come nel caso di un blog di cucina o una ricerca di mercato, Google Trends ci aiuterà a ottenere risposte rapide e precise spesso senza dover compiere indagini più complesse.
Per comprendere meglio come funziona Google Trends, possiamo fare un esempio pratico. Supponiamo di voler analizzare la ricerca della combinazione “cotechino con lenticchie” negli ultimi venti anni. La piattaforma ci mostra un picco costante nelle ricerche tra Natale e Capodanno. Un dato che ci conferma l’associazione tradizionale del piatto con il periodo festivo.
Ma Google Trends ci offre anche un’altra dimensione: oltre al “cotechino con lenticchie”, possiamo scoprire altre query correlate, come “nidi di patate con lenticchie e cotechino”. Probabilmente, non tutti conoscono questo piatto, ma Google Trends ci offre una pista interessante per esplorare una tradizione culinaria nascosta. Approfondire questa ricerca ci porta a scoprire una ricetta particolare, che magari non è molto conosciuta, ma che può essere raccontata su un blog di cucina, creando contenuti originali e coinvolgenti.
La bellezza di Google Trends è che non ci limitiamo solo a analizzare singole parole chiave, ma possiamo ampliare l’analisi a caratteristiche di comportamento più sottili. Ad esempio, possiamo esplorare quali sintomi influenzali sono più ricercati in un determinato periodo dell’anno, come gli italiani iniziano a cercare suggerimenti su “cosa fare a Capodanno” o in quali città ci sia una maggiore richiesta di supermercati aperti 24 ore su 24. Google Trends può anche aiutarci a scoprire quando gli europei sono più propensi ad acquistare occhiali da sole.
Un altro esempio interessante di piccoli dati è l’analisi delle ricerche legate ai sogni. Dal 2004 ad oggi, Google Trends ha registrato un aumento delle ricerche legate a “sognare ragni”, con un picco specifico per i ragni neri. Questo trend risulta essere particolarmente forte in Puglia, Piemonte e Valle d’Aosta. Non si tratta di un’informazione che salta all’occhio a livello macro, ma attraverso gli small data raccolti da Google Trends, possiamo scoprire tendenze affascinanti che potrebbero ispirare nuove ricerche o storie, come l’analisi di sogni e la cultura popolare legata a determinati simboli.
Infine, oltre alla ricerca diretta attraverso Google Trends, un altro strumento potente che ci permette di esplorare e analizzare i piccoli dati sono le funzionalità di completamento automatico delle ricerche online, un processo che Google utilizza per suggerire in tempo reale le parole o le frasi più cercate dagli utenti. Questi suggerimenti non solo riflettono gli interessi individuali, ma anche le tendenze locali e le ricerche popolari che cambiano continuamente, spesso in tempo reale.
Quando digitiamo una query nella barra di ricerca di Google, il sistema non si limita a restituire solo i risultati basati sulla nostra cronologia, ma ci fornisce anche una serie di suggerimenti anticipati che si basano su fattori come la popolarità, la somiglianza tra le ricerche, e i temi di tendenza. Questi suggerimenti sono un vero e proprio spunto di riflessione su ciò che sta accadendo in un dato momento, come un termometro delle preoccupazioni, curiosità e comportamenti delle persone nella nostra zona geografica, o anche a livello nazionale.
Ad esempio, provate a digitare “i piemontesi sono” nella barra di ricerca di Google. Vi troverete davanti una serie di completamenti automatici che evocano luoghi comuni legati agli abitanti della regione Piemonte: “sono chiusi”, “antipatici”, “freddi”, “tirchi”, “falsi” e addirittura “non sono italiani, sono francesi”. Questi suggerimenti sono frutto delle ricerche più frequenti, che riflettono le opinioni (spesso stereotipate) che circolano online su una determinata comunità.
La bellezza di questi dati risiede nel fatto che, anche se possono sembrare superficiali o ironici, i completamenti automatici sono spesso il riflesso di tendenze sociali, atteggiamenti collettivi e opinioni diffuse che si intrecciano nel linguaggio popolare. Prendendo spunto da una ricerca come “i piemontesi sono”, possiamo osservare che i completamenti non solo ci parlano della percezione di un gruppo, ma rivelano anche la dinamica di come le persone si percepiscono l’una con l’altra, e come vengono influenzate dai media, dalla cultura popolare e dalle tradizioni.
In questo caso specifico, i risultati che associano i piemontesi alla Francia (ad esempio “non sono italiani, sono francesi”) possono essere legati alla storia della regione, che ha visto il Piemonte come un territorio di confine, con tradizioni culturali influenzate dalla lingua e dalla cultura francese. Questo è un esempio perfetto di come i piccoli dati possano aiutarci a raccontare storie e ad approfondire temi culturali, storici e sociologici.
A partire da questi completamenti automatici, possiamo far scattare una scintilla che innesca un’intera narrazione. La domanda “Perché i piemontesi sono considerati francesi?” potrebbe portare a un approfondimento sulle radici storiche e linguistiche della regione. Potremmo esplorare la storia del Piemonte come terra di confine, parlare della sua appartenenza al Ducato di Savoia e della sua connessione con la Francia, e persino analizzare come questi stereotipi influenzano l’immagine che oggi le persone hanno di questa regione.
Questa tecnica di ricerca può aprire porte per esplorare temi profondi e personaggi storici, o per scoprire curiosità sociologiche legate a regioni, città o gruppi specifici. Quindi, ogni suggerimento di completamento automatico è una piccola chiave che potrebbe aprire mondi di conoscenza, di esplorazione e di creazione di contenuti. Gli small data, dunque, non sono solo numeri o parole isolate: sono punti su una mappa che ci indicano la direzione per nuove scoperte e storie da raccontare, a volte partendo da semplici osservazioni sui luoghi comuni, altre volte da fenomeni più profondi.