Non è la prima volta che vi parliamo dei libri di Meltemi. Oggi torniamo a parlare di questa casa editrice a proposito di una delle sue recenti pubblicazioni: Il sogno dell’immagine. Per un’archeologia fotografica dello sguardo. Benjamin, Rauschenberg e Instagram. L’autore del volume è Giovanni Fiorentino, professore ordinario di Teorie e tecniche dei media all’Università della Tuscia, dove è anche direttore del Dipartimento di Scienze umanistiche, della comunicazione e del turismo. Presidente della Società Italiana per lo Studio della Fotografia, scrive per Il Messaggero, Il Mattino e studia i media – in particolare il medium fotografico – in una prospettiva di storia e teoria culturale.
La fotografia, come ci racconta Fiorentino con date e storie, ha vissuto importanti metamorfosi e smaterializzandosi nel presente digitale. È un medium silenzioso e in continuo mutamento e stratificazione, tanto che il suo autore conduce tra queste pagine un vero e proprio lavoro di scavo archeologico. D’altronde, il contesto è proprio quello della fluidità digitale, e dei comportamenti e bisogni delle persone.
Per fare un esempio: dopo l’ascesa delle fotocamere digitali e la successiva rivoluzione degli smartphone, molte persone credevano che la fine fosse vicina alla fotografia analogica. Ma la fotocamera istantanea ha vissuto una rinascita, ad esempio, poiché le inclinazioni estetiche della generazione di Instagram hanno fatto rivivere marchi come Polaroid. Che avrebbe potuto prevederlo anche solo quindici anni fa?

Ma prima di arrivare ai tempi più recenti, buona parte di questo libro è dedicata alla genealogia occidentale della fotografia che, attraversando due secoli, segna la fondamentale continuità della traiettoria fotografica in un più ampio contesto mediale, dall’analogico al digitale, dalla reflex allo smartphone, con un salto quantitativo, e relazionale.
Se prima la fotografia era preprogativa solo di una nicchia elitaria – fotografi, editori, arte – oggi non solo è accessibile a tutti quanti noi come consumatori, ma anche come produttori. Come prosumer, proprio per la facilità di scattare una buona foto senza alcuna dipendenza dalle competenze e per l’accessibilità della condivisione online, soprattutto sui social media. Se ricordate, ne avevamo parlato anche qua con l’intervista a Enrico Ratto.
È così che il gesto di scattare una foto (nonché la sua condivisione in Rete) diventa un punto di snodo fondante per ragionare sull’identità della nostra società.

Giovanni Fiorentino
Il sogno dell’immagine
Per un’archeologia fotografica dello sguardo. Benjamin, Rauschenberg e Instagram
Meltemi / 2019 / ISBN 9788855190572
La fotografia è un medium, l’estensione sensoria del corpo, una protesi per vedere diversamente, una macchina inconscia che produce rappresentazione automatica. Oggi, nella sua dimensione digitale, si presenta sempre più come straordinario artificio in grado di ridisegnare la vita quotidiana e gli ambienti di vita. In questo volume, secondo una prospettiva che innesta la ricerca mediologica su quella storico-archeologica, si indaga la natura del medium, la sua storia, la sua trasformazione tecnologica, dal dagherrotipo a Instagram, dal collodio umido a Pinterest, dalle cartes de visite a Facebook.
Alice Avallone (Asti, 1984) insegna alla Scuola Holden e fa ricerca con l’etnografia digitale per le aziende. Da anni, infatti, unisce scienze sociali e ricerca in Rete per comprendere le relazioni umane online: codici, comportamenti, linguaggi. In passato ha scritto una guida di viaggio con la rivista Nuok (Bur), il manuale Strategia Digitale (Apogeo), e ha curato il libro Come diventare scrittore di viaggio (Lonely Planet). Per Franco Cesati Editore ha pubblicato il saggio People Watching in Rete. Ricercare, osservare, descrivere con l’etnografia digitale e il manuale di scrittura per il turismo Immaginari per viaggiatori. A inizio 2021 è tornata in libreria con #Datastories. Seguire le impronte umane sul digitale per la collana Tracce di Hoepli.