Siamo un Paese emotivo, bisogna ammetterlo.
Tenere saldo il timone della razionalità non è semplice, in un momento storico dove abbiamo toccato con mano cosa significa essere immersi nella pluralità di voci e opinioni della Rete e dei media in generale. Ciascuno di noi oscilla tra conscio che sdrammatizza e inconscio che somatizza, tra un virologo e l’altro, tra battute scherzose sui social e pensieri più profondi dentro di sé. Nell’ultima settimana, da bravi etnografi digitali, siamo rimasti a osservare le conversazioni e le relazioni online delle persone. In particolare, ci siamo soffermati sui commenti che tendono a cercare il lato positivo di questa situazione.
Come scrive la coach e viaggiatrice Laura Cerioli sul suo 25esimaora:
“Fin dagli anni ’50 si riflette su come la psicologia e la ricerca sulle emozioni possono andare a sostenere non solo situazioni di disagio, ma anche guidare verso meccanismi per una buona salute mentale: ecco così la diffusione della psicologia positiva di Martin Seligman o iniziative come Action for Happiness, no profit inglese che riunisce persone che vogliono contribuire al cambiamento sociale attraverso azioni pratiche in questa direzione.”
E il pezzo di Laura continua con un’importante riflessione:
“Il paradosso dell’enfasi data alla felicità è che tutte le emozioni che non rientrano nel suo spettro d’azione sembrano da minimizzare, quasi da cancellare. Le chiamiamo addirittura emozioni negative, e spesso ci convinciamo sia sbagliato persino provarle.”
Facciamo tesoro di questo pensiero, e cerchiamo di portarlo alla situazione di oggi. Forse sta accadendo proprio questo, non riusciamo fino in fondo ad accettare di provare ansia, nervosismo o abbattimento per questa storia del Coronavirus. Ci stanchiamo di sentirne parlare sui social media e in televisione e in radio e sui quotidiani, e allora – più o meno consapevolmente – proviamo a minimizzare le tensioni e i conflitti interiori tra il serio e il faceto. Un giorno diremo, anzi lo stiamo già dicendo: il Coronavirus ha fatto anche cose buone.

Ecco gli argomenti che abbiamo mappato, senza giudizio.
#coronapositivi

1. Si lavora in remoto senza dover andare in ufficio



2. Si tocca con mano che non ci sono differenze

3. Si accetterà l’importanza dei vaccini

4. Si rallenta il ritmo lavorativo


5. Si sta riducendo l’inquinamento

6. Si puliscono a fondo mezzi di trasporto e scuole


7. Si possono evitare i saluti affettuosi indesiderati


8. Si trova traffico ridotto in città (e alle Poste)


9. Si ha la possibilità di starsene a casa in pace

10. Si può guardare il TG senza il brusio politico


11. Si attua finalmente un’attenta igiene personale

12. Si prevede un incremento di nascite

13. Si dice basta all’abuso del Pronto Soccorso

14. Si festeggia per il divieto (forse) di mangiare cani e gatti in Cina

15. Si ringrazia di avere un’ottima sanità pubblica in Italia

16. Si diffonde l’insegnamento a distanza

Alice Avallone (Asti, 1984) insegna alla Scuola Holden e fa ricerca con l’etnografia digitale per le aziende. Da anni, infatti, unisce scienze sociali e ricerca in Rete per comprendere le relazioni umane online: codici, comportamenti, linguaggi. In passato ha scritto una guida di viaggio con la rivista Nuok (Bur), il manuale Strategia Digitale (Apogeo), e ha curato il libro Come diventare scrittore di viaggio (Lonely Planet). Per Franco Cesati Editore ha pubblicato il saggio People Watching in Rete. Ricercare, osservare, descrivere con l’etnografia digitale e il manuale di scrittura per il turismo Immaginari per viaggiatori. A inizio 2021 è tornata in libreria con #Datastories. Seguire le impronte umane sul digitale per la collana Tracce di Hoepli.