Humanist 2.0, Anita Likmeta è storica e filosofa appassionata di comunicazione digitale; ma è anche una giornalista, scrittrice, documentarista, blogger, copywriter e digital strategist. Dal 2017 è Co-Founder & COO di Comunicatica, l’Agenzia Digitale Italiana, con sedi in Italia, Regno Unito e Albania. Nel tempo, ha collaborato per Il Fatto Quotidiano, Linkiesta, Il Giornale, e attualmente scrive su Huffington Post Italia. E proabilmente, l’avrete vista in televisione, in programmi come #CheCiFaccioQui di Domenico Iannacone su Rai3, L’ora solare su Tv2000 con Paola Saluzzi, Nemo nessuno escluso su Rai2, Bianco e nero Cronache italiane su LA7 – solo per citarne alcuni. Abbiamo pensato di intercettarla e fare due chiacchiere con lei, per capire quanto il passato sia utile per leggere il presente e pensare al futuro. Buona lettura.
Cosa significa per te conciliare un’apertura e un respiro da (nuova) umanista e la tecnologia?
La parola composta tecnologia, dal greco “téchne-logìa” ossia “trattato sistematico su un’arte o tecnica” ha in sé la risposta a questa domanda. Ossia la prima parola incentra il focus in se stessa mentre la seconda è al servizio dell’altro. Tuttavia le due parole sono profondamente intrecciate perché la “logica” più profonda della téchne è l’elaborazione della scienza a scopi pratici e alla produzione per realizzarli.
Dunque per me il nuovo umanesimo, o ancora meglio Terzo Umanesimo per dirla con le parole di Byung-Chul Han, può e deve affondare le proprie radici nei processi naturali di trasformazione necessarie per convertire l’ambiente alle esigenze dell’uomo.
Personalmente non ho un atteggiamento entusiastico verso la modernità nella sua accezione meccanica della tecnologia – sarà per via delle mie origini e di quella vita bucolica che sapeva comunque sorprendermi come solo la natura sa fare – tuttavia ne riconosco la possibilità che ci da’ consentendoci di ampliare la nostra sfera di conoscenze e sviluppo inserendoci così nella sua trattazione teleologica della Storia, ossia la concezione filosofica secondo cui l’universo stesso è ordinato in vista di un fine, sia esso una attività volontaria dell’uomo razionale, piuttosto una azione involontaria.

Quali sono i temi di attualità ai quali ti stai dedicando in questo periodo?
In questo momento mi sto concentrando molto sul linguaggio o sui linguaggi e del potere che hanno nel condizionare il pensiero, le persone, e quindi l’ambiente che va definendosi nell’era della globalizzazione. È un lavoro che sto portando avanti da un po’ di tempo, e sul quale ci sto scrivendo anche un libro.
Parliamo del tuo Paese natale, l’Albania.
In che modo è cambiata negli ultimi anni?
Quanto tempo abbiamo? No scherzo… dunque brevemente posso dirti che in Albania c’è un processo di trasformazione che dura da quasi 30 anni, partendo proprio dal periodo della caduta della dittatura hoxhaista, un processo lungo che ha visto il famoso esodo del 1991, le piramidi finanziarie che piegarono l’economia albanese, la successiva guerra civile del 1996/1997.
L’Albania insomma è una democrazia giovane, per certi versi acerba. Personalmente credo che l’Occidentalismo a cascata non sia una gran cosa perché devitalizza un territorio privandolo della sua memoria storica e culturale. Il futuro affonda le sue radici nel passato, avere una tensione verso i fatti che abbiamo vissuto è una opportunità per capire e decidere insieme come comunità come vogliamo crescere e soprattutto chi vogliamo diventare.

E dal punto di vista digitale? Ci sono realtà albanesi che vale la pena conoscere e tenere d’occhio?
Assolutamente sì, ci sono startup molto interessanti. Certo per i giovani albanesi è molto difficile accedere al mercato europeo, e più in generale internazionale, ed è per questo che ci auguriamo che presto i negoziati di adesione all’UE per l’Albania possano avere esiti positivi.
Infine, per StartupItalia sei una delle donne dalle quali prendere ispirazione. Che consigli daresti a una giovane ragazza che sta cercando di farsi strada nel mondo del lavoro?
La domanda più difficile! Sono molto felice di essere stata menzionata all’interno di un gruppo di donne che davvero sono eccezionali. Onestamente vedo le classifiche, o le liste un po’ come i concorsi di bellezza: gratificano l’ego. Dietro quei nomi ci sono le vite di quelle donne, le loro scelte, rinunce, sacrifici ecc.
Io non mi sento di consigliare nessuna, ma posso dire che avere una apertura mentale verso il prossimo è importante. Incoraggiare, vedere il bicchiere mezzo pieno quando ogni cosa dice il contrario, fare ciò che davvero si sente e si è, non giudicare mai ma tentare di capire, andare fino in fondo alle situazioni, dare fiducia sempre fino a prova contraria, e soprattutto sapersi rialzare dopo una caduta e ricominciare daccapo sono alla base di chi si affaccia nel mondo del lavoro.
E infine come direbbero i francesi bon courage!