La dipendenza da Rete e mobile: raggiungere un equilibrio oggi

Man mano che diventiamo più consapevoli dell’impatto della dipendenza tecnologica, cerchiamo di sviluppare una relazione più sana con i dispositivi e il digitale, integrando tattiche per non abusarne, come si fa con la caffeina o il fumo. Lo scorso aprile Apple ha annunciato un giro di vite sulle app che combattono la dipendenza dal telefono, poiché il brand ha introdotto il proprio tracker di quanto stiamo davanti allo schermo. E così è stato: nel corso del 2019, Apple ha davvero ridotto la visibilità delle app che mirano ad aiutare le persone a limitare l’utilizzo dei dispositivi. Secondo il New York Times e la società Sensor Tower, la società ha rimosso o limitato almeno 11 delle 17 app di controllo degli smartphone più scaricate, costringendo le aziende a rimuovere le funzionalità di controllo parentale o rimuovendole completamente dall’App Store, implementando allo stesso tempo un blocco su altre app meno conosciute.

Con un terzo dei consumatori statunitensi e britannici che esprimono preoccupazione per l’impatto dei loro smartphone sulla salute mentale, in molti stanno prendendo in mano la situazione. Lo studio, contattato dal Global Web Index, ha anche scoperto che 7 su 10 hanno cercato di moderare il loro consumo digitale in qualche modo, eliminando app o notifiche, facendo pause ogni tot di tempo o spostando il telefono delle loro camere da letto.

Diventando più consapevoli dell’effetto negativo che la tecnologia può avere sulla nostra vita, siamo sempre più alla ricerca di modi per costruire abitudini più sane, che, ironicamente, stanno diventando un campo chiave di interesse e competizione per le aziende tecnologiche. Hold, ad esempio, incentiva gli utenti a ignorare i loro telefoni ricompensandoli in modo incrementale con punti – che possono poi scambiare con premi attraverso l’ampia gamma di partner commerciali dell’app. I fondatori di Hold, che hanno lanciato l’app quando erano studenti, hanno affermato che aiuta ad aumentare la produttività fino al 62%.

Alcuni studi sostengono che trascorriamo 76 giorni all’anno sui nostri telefoni, e il più delle volte senza consumare o produrre qualcosa di rilevante. Pensiamo a certe app, ai giochi e ai social media, creati proprio per farci passare più tempo possibile sopra. C’è stato un crescente interesse per gli effetti della tecnologia sul nostro benessere, ma in pochi hanno capito come rendere gli smartphone meno addicted. Uno studio di Microsoft ha rivelato che il nostro intervallo di attenzione è diminuito da dodici a quasi sei secondi: l’impatto del costante uso della tecnologia sull’attenzione ha iniziato a diventare più evidente.

Lo stesso vale per la produttività. Gli studi ci dicono che quando controlliamo il telefono per un solo secondo, ritieniamo poi di poter tornare subito al lavoro o direttamente a qualcos’altro, ma ci vogliono 23 minuti per tornare alla stessa quantità di livelli di produttività che avevamo. Tali preoccupazioni stanno alimentando un crescente dibattito pubblico nel settore tecnologico, con diverse realtà che invocano diversi tipi di regolamentazione o approcci più etici alla progettazione.

Alcuni pensano che sia compito del governo elaborare linee guida per aiutarci a utilizzare i nostri dispositivi, o che sia compito del governo costringere le aziende tecnologiche a rivedere le loro linee guida o a fissare limiti al massimo utilizzo – ma molto sta a noi consumatori, al nostro buon senso. Lo scroll che facciamo ogni giorno sugli schermi ammonta a due chilometri di contenuto al giorno. Impressionante, no?

E ancora: una ricerca dell’Università della British Columbia in Canada ha dimostrato che tenere il telefono sul tavolo durante una cena in famiglia fa sì che le persone siano meno felici dell’esperienza del pasto. L’uso costante della tecnologia non ha solo un impatto sulle persone intorno, ma è spesso visto come un segno di mancanza di rispetto e può incrinare le relazioni personali. Secondo uno studio pubblicato nel 2016, il 70% delle donne intervistate pensava che gli smartphone stessero influenzando negativamente le loro relazioni romantiche.

In tutta risposta, le aziende tecnologiche non stanno con le mani in mano. Marchi come Apple e Google hanno recentemente lanciato nuove funzionalità che consentono alle persone di monitorare il modo in cui utilizzano il proprio dispositivo e determinate app (anche se non hanno ancora fornito uno strumento per rompere effettivamente le cattive abitudini). La sfida è quella di sviluppare una tecnologia che si adatti al nostro interesse umano e non viceversa. Ciò che sta accadendo ora è invece che adattiamo il nostro comportamento alla tecnologia.

La ricerca sta dimostrando gli effetti positivi della riduzione dell’uso del telefono. Uno studio pubblicato sul Journal of Communication Education ha rivelato che gli studenti partecipanti che hanno messo via i loro telefoni durante le lezioni hanno scritto il 62% in più di informazioni nei loro appunti, hanno preso appunti più dettagliati, sono stati in grado di richiamare informazioni più particolareggiate dalla lezione e hanno registrato un voto più alto rispetto a quegli studenti che stavano utilizzando i loro telefoni cellulari.

Tuttavia, seguire le buone intenzioni è spesso difficile. In effetti, l’American Psychological Association ha scoperto che, sebbene il 65% degli americani credesse che le disintossicazioni digitali fossero ottimali per la loro salute mentale – solo il 28% di loro riferiva di aver effettivamente preso provvedimenti per limitare il tempo davanti allo schermo. Le persone accolgono con favore l’aiuto di servizi che li aiutano ad agire in modo più olistico per ridurre la loro dipendenza dai dispositivi tecnologici. Moment affronta questo uso eccessivo limitando l’uso quotidiano e può persino cacciare via l’utente dal dispositivo una volta raggiunto il limite. Headspace consente agli utenti di controllare il proprio comportamento ed essere consapevoli di come viene impiegato il tempo digitale.

Infine, una segnalazione sul tema: la campagna Be More at Home di Google celebra il desiderio delle persone di rivalutare la loro relazione con la tecnologia in modo che possano riprendere il controllo della propria attenzione e trascorrere più tempo di qualità con i cari. Buona visione!

Alice Avallone (Asti, 1984) insegna alla Scuola Holden e fa ricerca con l’etnografia digitale per le aziende. Da anni, infatti, unisce scienze sociali e ricerca in Rete per comprendere le relazioni umane online: codici, comportamenti, linguaggi. In passato ha scritto una guida di viaggio con la rivista Nuok (Bur), il manuale Strategia Digitale (Apogeo), e ha curato il libro Come diventare scrittore di viaggio (Lonely Planet). Per Franco Cesati Editore ha pubblicato il saggio People Watching in Rete. Ricercare, osservare, descrivere con l’etnografia digitale e il manuale di scrittura per il turismo Immaginari per viaggiatori. A inizio 2021 è tornata in libreria con #Datastories. Seguire le impronte umane sul digitale per la collana Tracce di Hoepli.