Gen Z e finanze: l’importanza del dialogo sui soldi tra app e web

Qualche settimana fa su queste pagine avevamo cercato di capire cosa cerca la Generazione X dai servizi finanziari; oggi proviamo a dare uno sguardo più approfondito alle generazioni successive. Cresciuti all’ombra del crollo dell’economia del 2008 e testimoni dell’impatto attraverso genitori e fratelli maggiori, i ragazzi della Generazione Z (e la fascia più giovane della precedente Y) sono piuttosto conservatori quando si tratta di soldi e, al contempo, determinati a raggiungere l’indipendenza finanziaria.

La maggior parte di chi oggi ha tra i 18 e i 26 anni sta già dimostrando preferenze nette su come amano spendere, risparmiare e accedere al controllo dei loro soldi. E infatti, nemmeno a dirlo, molto di tutto questo passa proprio dal dispositivo tecnologico che hanno sempre in tasca: lo smartphone.

Perché il cellulare è diventato il touchpoint preferito anche per le finanze?

L’accesso immediato alle informazioni riguardo ai propri risparmi e alle proprie spese – da qualsiasi posto e in qualsiasi momento della giornata – può essere la chiave proprio per raggiungere l’indipendenza finanziaria in cui sperano. Uno studio Zopa, ad esempio, ha scoperto che il 70% degli Z controlla il proprio saldo bancario quasi ogni giorno; un elemento significativo che spiega anche la nascita di prodotti digitali che assecondano questa abitudine.

Detto questo, nonostante la loro inevitabile attitudine digitale, molti Z (e anche Millennial) non hanno un vero e proprio know-how finanziario. Ciò significa che potrebbero fare seri sforzi per risparmiare per il loro futuro e spendere saggiamente. È qui che si spalanca la possibilità di lavorare di più sulla responsabilità e sull’educazione finanziaria, proprio grazie alla tecnologia e al dialogo con quest’ultima.

Il fatto che la maggior parte delle scuole non insegni le capacità di finanza personale è un grave ostacolo alla gestione del denaro degli Z. A loro volta, i social media stanno avendo un effetto potenzialmente negativo su come gli Z gestiscono le loro finanze. Il Modern Wealth Survey 2019 di Charles Schwab, multinazionale americana di servizi finanziari, ha evidenziato che molti di loro stanno spendendo più di quello che possono permettersi per stare al passo con gli amici. In questo contesto, una facilitazione delle conversazioni trasparenti sul denaro può aiutare i giovani a sentirsi più positivi sulla transizione verso la vita adulta. La sfida delle realtà legate al settore finanziario è diventata quella di fornire chiavi di accesso fruibili alle informazioni, con app mobile immediate e intuitive.

Per chi ha meno di 40 anni, i social media e le app mobile sono diventati il ​​modo predefinito per parlare con i brand, vedere cosa stanno facendo i loro amici e accedere alle informazioni, tutto in pochi gesti. Chi si occupa di marketing ha identificato questo tratto come un modo per coinvolgere i giovani con un nuovo tipo di approccio finanziario – un approccio che dialoga e mette in condivisione, e che non agisce o sembra una tipica banca di una volta (con quel suo linguaggio freddo, burocratico e spesso inutilmente ampolloso).

Perché l’interazione tra umano e digitale è diventata così imprescindibile?

Le app digitali offrono alle persone nuovi modi di interagire con le loro finanze e si stanno rivelando popolari per la Z e Y. Oltre a dare accesso a tutte le informazioni necessarie, in certi casi gli sviluppatori stanno iniziando a sperimentare anche la tecnologia gamificata per insegnare fin in giovanissima età la finanza personale.

Questo sta già accadendo in Australia, con Commbank che ha testato una serie di giochi in realtà virtuale che insegnano ai bambini come risparmiare denaro; o nel Regno Unito con GoHenry che consente a genitori e figli di lavorare insieme per tenere traccia degli acquisti, fissare obiettivi di risparmio e, soprattutto, consentire ai bambini di gestire i primi soldini. Con queste app gli Alpha stanno comprendendo il valore del denaro con quattro pilastri chiave della gestione del denaro: guadagnare, risparmiare, spendere e, perché no, donare.

Oppure ancora, pensiamo a Long Game, un’app che tiene traccia dei depositi nel conto di risparmio di un utente, premiandoli con l’accesso a giochi mobile. Con le ricerche che ci mostrano che anche i bambini di tre anni possono comprendere il concetto base di denaro, è probabile che queste app inizieranno a rivolgersi a un pubblico più ampio.

Altre società finanziarie, invece, cercano di contribuire a sviluppare un’alfabetizzazione finanziaria con i linguaggi delle piattaforme più amate dai segmenti che vogliono raggiungere. Seguendo le orme della fortunata campagna Wrapped di Spotify – che ha permesso agli ascoltatori di vedere quali canzoni e artisti avevano ascoltato durante tutto lo scorso anno – nel gennaio 2020, una banca online del Regno Unito, Monzo, ha mostrato ai suoi utenti un Year in Review molto simile, facendo visualizzare in quell’occasione alle persone dove avevano speso i loro soldi nel corso dell’anno precedente.

Perché la forma migliore è proprio il dialogo?

A proposito di “conversazioni”, non possiamo che tornare sul caso nostrano di Widiba che, come spiegato anche bene qui su Il Sole 24 Ore, ha ridisegnato la sua app ricalcando l’esperienza d’uso in mobilità e arrivando a semplificare l’uso della banca nell’esperienza quotidiana con il modello dialogante della chat. Come ha spiegato Roberta Zurlo, Chief Commercial Officer Banking & Credit di Widiba a AziendaBanca questo mese, è stata ricostruita l’interazione proprio sull’idea della chat per parlare con la banca. Hanno dunque portato su app il concetto della Google Bar già presente sul web.

L’approccio dell’anticipatory design ha permesso loro di mettere in evidenza le operazioni e le informazioni più rilevanti per le persone. Inoltre, la stessa evoluzione degli schermi sempre più grandi degli smartphone ha aiutato Widiba a mostrare più informazioni nella sua app.

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Una piccola parentesi sul dietro le quinte. Rossella Laghezza, Comunicazione e Social engagement di Banca Widiba, ci ha raccontato che “per quanto riguarda il linguaggio utilizzato sull’app e più in generale su tutti i canali di comunicazione della banca, lo stile è sempre leggero e trasparente, lontano dai vecchi stereotipi bancari, anche nelle operazioni più complesse. Il linguaggio diventa esso stesso un’esperienza nuova da vivere”. La sfida non è semplice in effetti, e gli obiettivi sono ambiziosi e centrati: cancellare le distanze fra sé stessa e i clienti grazie al digitale, scardinare i modelli tradizionali dai toni quasi reverenziali, e creare un dialogo continuo e soprattutto inclusivo, senza mai perdere in autorevolezza e in credibilità.

Tra l’altro, proprio all’insegna della naturalezza e dell’immediatezza di una risposta, Widiba ha anche consolidato la prima fase del progetto di interfaccia vocale con Google Home. Dalla ricarica della prepagata al bonifico fino alla consultazione del proprio saldo, è possibile muoversi in modo umano e digitale allo stesso tempo – anche mentre si sta cucinando o si sta riordinando il soggiorno – con un “Ok, Google. Parla con Widiba”. Niente da imparare e nessuna istruzione da seguire, solo un dialogo continuo come abbiamo detto, dunque, che si dipana anche con l’inserimento di un assistente virtuale (che prende qui il nome di Widdy) che interpreta esigente e chiama per nome chi sta dall’altra parte.

Lavorare bene con il linguaggio in Rete per un’azienda significa mostrare la propria identità e i propri valori; in particolare, l’uso delle parole online sono espressione massima del rapporto che si vuole instaurare con i clienti. Ancora di più quando siamo in un settore così vitale.

Perché l’emergenza sanitaria ha incrementato il bisogno di controllo sui propri soldi?

L’emergenza sanitaria ha messo tutto quanti davanti alla necessità di recuperare più controllo sulla maggior parte degli aspetti quotidiani, e le finanze sono in cima alla lista delle priorità. Cosa spendiamo, dove, e soprattutto perché. Durante il lockdown, infatti, le persone hanno avvertito (e stanno continuando ad avvertire) l’impatto della pandemia sulla propria spesa, sia che si tratti di acquisti alimentati dalla noia o di un improvviso bisogno di ritardare i pagamenti per far quadrare i conti magari in attesa di un aiuto, i programmi “compra ora, paga dopo” stanno portando alla luce nuovi comportamenti. Guardando al futuro, occorrerà capire quanto i giovani sono consapevoli delle proprie spese di questo periodo. Come sempre, l’informazione – esatta, tempestiva, e a portata di mano – è decisiva.

Rimanendo all’estero, anche le pubblicazioni dei media stanno intervenendo, fornendo informazioni finanziarie personali autentiche ai ragazzi. La serie Money Diary di Refinery29 è stata determinante in questo periodo nel creare una narrativa relativa alla finanza personale, ottenendo un seguito significativo in tutti gli Stati Uniti. Il suo successo dimostra che il denaro può essere un argomento interessante per le giovani generazioni, aiutandole a comprendere l’impatto delle scelte quotidiane.

Ciò che è particolarmente interessante della serie Money Diaries è il modo in cui rivela i veri atteggiamenti nei confronti del denaro dei giovani americani, soprattutto delle giovani donne. E infatti, le protagoniste sono ragazze professioniste che documentano il valore di una settimana delle loro spese quotidiane – dalle corse con Uber ai caffè mattutini, fino agli acquisti d’impulso mentre aspettano il loro turno in fila alla cassa di un supermercato. Ciascun post indica le entrate della persona accanto ad alcune voci chiave come l’affitto, l’assicurazione, le spese extra, dipingendo un quadro della loro situazione finanziaria complessiva. Un’iniziativa editoriale interessante, insomma, che smonta il tabù del dialogo sul denaro e, tra le righe, insegna agli Y e Z a prendersi cura del proprio portafoglio. Chissà che presto possa vedersi all’orizzonte un progetto simile anche nel nostro Paese.

Alice Avallone (Asti, 1984) insegna alla Scuola Holden e fa ricerca con l’etnografia digitale per le aziende. Da anni, infatti, unisce scienze sociali e ricerca in Rete per comprendere le relazioni umane online: codici, comportamenti, linguaggi. In passato ha scritto una guida di viaggio con la rivista Nuok (Bur), il manuale Strategia Digitale (Apogeo), e ha curato il libro Come diventare scrittore di viaggio (Lonely Planet). Per Franco Cesati Editore ha pubblicato il saggio People Watching in Rete. Ricercare, osservare, descrivere con l’etnografia digitale e il manuale di scrittura per il turismo Immaginari per viaggiatori. A inizio 2021 è tornata in libreria con #Datastories. Seguire le impronte umane sul digitale per la collana Tracce di Hoepli.

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