di Aurora Longo
Perché è così difficile essere produttivi ed efficienti? È soltanto perché la nostra forza di volontà vacilla, di fronte a una prospettiva che include divano, copertina e Netflix? Come mai alcune persone riescono ad alzarsi all’alba per andare a correre, esercitarsi ore al giorno al pianoforte e non sgarrare con la dieta, e noi no?
Non è questione di talento o di superpoteri, bensì di diligenza. Ed è possibile allenare la mente a essere più meticolosa e quindi anche più produttiva.
Andare in bici
Compiere un’azione, soprattutto se per la prima volta, richiede alla mente un impegno maggiore e un forte dispendio di energia rispetto a un atto che già conosciamo. Il nostro cervello cerca però di renderci le cose più facili, e ogni volta che ripetiamo la stessa azione, diventiamo leggermente più abili nel farla, fino a che non diventa automatica e può essere svolta senza nemmeno pensarci. Un po’ come guidare o andare in bici: all’inizio si è tesi e molto più attenti, ma con il tempo si riesce a metabolizzare la sequenza di gesti e di movimenti da svolgere. Per quanto mi riguarda, in bici non ci so ancora andare, ma questo è un altro discorso.
Le abitudini permettono un enorme “risparmio energetico” alla nostra mente, il problema è che il nostro cervello non riesce a distinguere le abitudini sane e positive da quelle nocive, e agevola la ripetizione di entrambe, senza distinzioni. Il processo circolare con cui il cervello trasforma una sequenza di azioni in un automatismo è stato analizzato dallo psicologo statunitense George Miller ed è noto come chunking o suddivisione in blocchi. Questo metodo cognitivo è alla base della formazione delle abitudini e può portare a completare con facilità una serie di esercizi fisici in palestra, ma allo stesso modo è applicabile a tutte quelle azioni che ci fanno finire sul divano a divorare una pizza e un’intera stagione di una serie tv. Talmente facile, che nemmeno ce ne accorgiamo.

Dimenticare gli obiettivi
La scienza spiega che, per consolidare un’abitudine, il nostro cervello impiega circa sessantasei giorni, un numero che forse un po’ ci sconforta, essendo ormai abituati ad avere tutto e subito a portata di click. Questo in realtà, invece che spaventarci dovrebbe rassicurarci, perché permette di capire che le abitudini non sono eventi ma processi. Anche dopo due mesi di esercizi suderemo comunque durante il workout quotidiano e ancora non saremo madrelingua di coreano, eppure sarà progressivamente sempre più facile iniziare una determinata attività, che sia sportiva, artistica o culturale. Per questo motivo è necessario concentrarsi su piccoli step, piuttosto che su obiettivi finali.
Dopotutto noi non siamo i nostri obiettivi, ma la somma delle nostre abitudini, e soltanto cambiando gradualmente ciò che abbiamo a portata di mano, potremmo provocare un miglioramento (o un peggioramento) a lungo termine.

Individuare il segnale d’innesco
Anche abbandonare le cattive abitudini non è facile, perché spesso quest’ultime sono legate a una sorta di innesco, un segnale che dà il via all’azione. I topi nell’esperimento di Ann Graybiel imparavano a svolgere un certo percorso all’interno di un labirinto per poter ottenere del cibo come ricompensa, abituandosi a percorrere una precisa strada che li portava al premio, ogni volta che udivano il segnale sonoro che segnalava l’inizio dell’esperimento. Eliminando sia la ricompensa che il suono per un certo periodo, i topi sembravano aver dimenticato il percorso e si muovevano liberamente all’interno del circuito ma, anche dopo molto tempo, sentendo di nuovo il segnale, ripercorrevano ancora una volta la strada che portava alla ricompensa. Il loro cervello era ormai abituato al suono-innesco, che associava al cibo.
Così accade a noi: ogni volta che si ripresentano le condizioni psicologiche o fisiche che ci hanno portato ad assumere abitudini nocive, siamo portati a ricadere in tentazione. Quando sto scrivendo e mi blocco su una frase o una parola, ad esempio, tendo ad aprire i social network. All’inizio era una semplice distrazione e dopo pochi secondi tornavo al mio lavoro ma, con il passare del tempo, ho consolidato questa cattiva abitudine, iniziando a perdere manciate di minuti a scrollare il feed di Instagram, fino addirittura a dimenticarmi del testo che stavo scrivendo. Il segnale che innescava questa tendenza non era sonoro, come per i topi, ma altrettanto efficace.
Prendendo coscienza di questo pattern ormai consolidato, ho deciso di cambiare la mia reazione: ogni volta che non riesco ad andare avanti o mi fermo troppo su una frase, mi metto a fare flessioni e addominali, oppure esco a fare una passeggiata. Certo, perdo lo stesso un quarto d’ora di lavoro, ma quando ritorno al computer mi sento meglio con me stessa e riesco a ritrovare la concentrazione senza sentirmi in colpa. Intestardirmi su una parola sarebbe inutile, e distrarmi con un’abitudine sana è una soluzione sicuramente migliore.
Per questo motivo non dovremmo concentrarci solo sull’eliminare le cattive abitudini, bensì sul sostituirle con altre, più salutari e positive, abbinandole allo stesso segnale che innesca il comportamento.

Applicare i consigli
La colpa però non è soltanto della fatale attrazione per il mondo digitale, ma di come ne facciamo uso: ci sono alcune applicazioni che possono venire in nostro aiuto e aiutarci a migliorare le abitudini quotidiane.
- Streaks (iOS) lista delle cose da fare nell’arco della giornata: ogni volta che si completa un’attività lo “streak” si estende, se la si tralascia si deve ripartire da zero.
- Habitica (Android, iOS) app gratuita che trasforma la vita in un gioco RPG, tenendo traccia delle proprie abitudini si può far aumentare il livello del proprio personaggio e ottenere ricompense virtuali, ma per ogni volta che si ripete una bad habit si rischia di perdere punti vita.
- Ganiza (Android, iOS, Web) app tutta italiana per la gestione di attività in gruppo non professionali. Dall’aperitivo al calcetto, qualsiasi cosa si può organizzare in modo semplice e senza perdite di tempo tra gruppi Whatsapp e telefonate. Si può anche prendere ispirazione e scegliere tra gli eventi disponibili nella propria città.
- Nike Training Club (Android, iOS) workout gratuiti di ogni genere e difficoltà realizzati da professionisti, con tanto di video-guide in italiano e l’aiuto vocale di un trainer (virtuale).
- Forest (Android, iOS) app per vincere la dipendenza da smartphone: pianta un albero virtuale che, se si utilizzano altre applicazioni, smette di crescere fino a morire.
Insomma, che siate aspiranti sportivi, nerd o fanatici dei Bullet Journal, esiste sicuramente un’app che fa per voi.

Migliorare dell’1%
Un altro modo per introdurre nuove attività positive nella propria vita e trasformarle in abitudini è legarle, in qualche modo, alla routine. Non è utile pensare, “devo allenarmi almeno mezz’ora al giorno”, o “devo leggere un libro ogni settimana”; conviene piuttosto programmare queste attività in prossimità di altre che già fanno parte della quotidianità, come mangiare o dormire. Ad esempio, si potrebbe decidere di allenarsi prima di cena: ogni volta che scatta il meccanismo della fame, il cervello si convincerà che, prima di mangiare, sia necessario fare qualche minuto di workout.
Invece che controllare i social, appena svegli o prima di andare a dormire (ammettiamolo, è una cosa che facciamo tutti), si potrebbe lasciare un libro sul comodino e leggerne qualche pagina prima di iniziare o terminare la giornata. Come ci insegna la teoria dei marginal gains, se si riesce a migliorare dell’1% diversi ambiti, anche marginali, si noterà che la somma di questi piccoli potenziamenti potrà dare grandi risultati nel lungo termine.
Infine, è altrettanto importante fare attenzione a non pretendere troppo da noi stessi, con il rischio di trasformare la produttività in ossessione e in malessere, soprattutto in un periodo come questo, in cui ansie e preoccupazioni non sono poche.
Ricordiamo sempre che lo stiamo facendo per stare meglio, e che diligenza e volontà vanno di pari passo. Se ci si impegna in qualcosa che si vuole davvero, sarà molto più facile essere rigorosi; in caso contrario meglio battere in ritirata e cambiare finalità: una buona abitudine potrebbe semplicemente essere quella di andare a dormire prima del solito per essere più riposati, oppure concedersi più tempo per prendersi cura del proprio corpo.
Aurora Longo (Cuneo, 2000) scrive poesie, disegna fumetti e ama i documentari Netflix. Nerd da quasi tutta la vita (ma guai a chiamarla così), non sopporta le etichette e odia rimanere nello stesso posto troppo a lungo. Per questo motivo percorre almeno dieci chilometri al giorno, cambia periodicamente scuola e non perde mai un’occasione per viaggiare – capace di andare dall’altra parte del mondo per fare una foto, scoprire la città in cui è ambientato un film o provare un nuovo ristorante vegano. Frequenta il biennio di Story Design alla Scuola Holden. Per ora.