Be UnProf: Marino D’Amore, sociologia, giovani e digitale

La quarta puntata della nostra rubrica Be UnProf ospita il professore Marino D’Amore, sociologo della comunicazione Unicusano. È stato professore in Criminologia alla LUDES HEI Foundation Malta campus Lugano, e oggi si occupa di comunicazione, mass media, sociologia, geopolitica e criminologia. Molti suoi interventi sono disponibili online. Con lui abbiamo parlato dei giovani di oggi, bullismo, community e identità al tempo del digitale. Buona lettura.

Sicuramente il livellamento socio-comunicativo tipico del digitale che neutralizza la distanza tra centro e periferie mediatiche e ci rende tutti partecipi di un’unica classe socioculturale: quella dei prosumer (produttori e consumatori di contenuti). Una svolta epocale che innalza i pubblici allo stesso livello degli emittenti classici, creando uno scenario, ibrido, moderno, liquido citando Bauman. Certamente un pluralismo così esasperato, per quanto giusto, manca di una normazione adeguata che regoli e tuteli le libertà di ognuno.

Rispetto alle generazioni più giovani, che cosa significa oggi diventare adulti e confrontarsi con la Rete?

Una grande responsabilità e una nuova modalità di socializzazione. Cambiano le dinamiche relazionali e le loro gerarchie, per la prima volta non sono le generazioni precedenti a impartire insegnamenti a quelle attuali, perché queste ultime si rendono indipendenti grazie alla loro vita digitale, condividono codici ed esperienze con i loro pari, creando un forte senso di appartenenza sia amicale sia, appunto, generazionale. Sono loro a insegnare agli altri come e quando si comunica, a decidere i linguaggi e a stabilirne le regole per tutti. Una libertà comunicativa che ovviamente non è esente da pericoli.

Parliamo di bullismo. È un fenomeno di sempre, oppure si tratta di una problematica diventata più grande proprio per via dell’uso dei social media?

Il bullismo è un fenomeno che è sempre esistito purtroppo, ma il mondo digitale, e questo è uno dei pericoli sopracitati, lo ha reso ancora più drammatico secondo due aspetti: il cyberbullismo, rispetto al suo predecessore analogico, potenzialmente copre le 24 ore, non essendo legato a nessuna forma di compresenza fisica ma a supporti tecnologici always networked. Secondo aspetto: espone la vittima a un pubblico potenzialmente illimitato, accrescendo la potenza del carnefice e gli effetti esecrabili del suo operato, che, a volte, si nascondono dietro l’anonimato.

A proposito di social media, che ruolo assumono le community online per i giovani e per i meno giovani?

Sono luoghi di aggregazione virtuale che, ripeto, incentivano una nuova socializzazione più effimera, meno profonda, che si declina in rapporti numericamente importanti ma a scadenza, contestualizzati da un interesse comune ma fugace, esente dalle dinamiche relazionali che caratterizzano i rapporti reali; rapporti che richiedono impegno, contatto, empatia e quindi emozionalità.

Infine, questione selfie: siamo una società più vanitosa?

Siamo la società dell’immagine, una società che vive costantemente l’incertezza o meglio la certezza del cambiamento, che elude il confronto e i contenuti, rifugiandosi in un individualismo edonistico che si nutre attraverso una continua richiesta di approvazione: quella degli altri. Questo è il tacito accordo: se tu mi rassicuri con un like dopo lo farò io. L’immagine di sé stessi, modificata, edulcorata ci rende tutti dei Dorian Gray che inseguono il riconoscimento altrui per esistere, quando tale riconoscimento cessa i suoi effetti se ne ricerca subito un altro, alimentando un circolo vizioso e dialogico che si reitera nel tempo.

Alice Avallone (Asti, 1984) insegna alla Scuola Holden e fa ricerca con l’etnografia digitale per le aziende. Da anni, infatti, unisce scienze sociali e ricerca in Rete per comprendere le relazioni umane online: codici, comportamenti, linguaggi. In passato ha scritto una guida di viaggio con la rivista Nuok (Bur), il manuale Strategia Digitale (Apogeo), e ha curato il libro Come diventare scrittore di viaggio (Lonely Planet). Per Franco Cesati Editore ha pubblicato il saggio People Watching in Rete. Ricercare, osservare, descrivere con l’etnografia digitale e il manuale di scrittura per il turismo Immaginari per viaggiatori. A inizio 2021 è tornata in libreria con #Datastories. Seguire le impronte umane sul digitale per la collana Tracce di Hoepli.

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