Potevamo forse non dedicare il nostro speciale #BackToTheFuture del primo maggio al mondo del lavoro? E dunque eccoci, a riflettere insieme su come stanno cambiando le circostanze lavorative e le esigenze delle persone. Abbiamo mappato quattro tensioni.
Instabilità lavorativa
Lo sappiamo: il rapido cambiamento portato dall’emergenza ha messo la cultura del lavoro su un terreno decisamente più instabile. Il fenomeno più evidente è stato quello dell’accelerazione dell’adozione del telelavoro (che non è per forza smart working, va detto): un vantaggio per molti professionisti che, prima della pandemia, speravano di lavorare da casa almeno una volta alla settimana; uno svantaggio per chi invece ha bimbi o situazioni familiari complesse. In ogni caso, sono tante le persone che stanno imparando nuove cose – anche, banalmente, usare Zoom – grazie soprattutto alla tecnologia che ora fa parte delle loro attività quotidiane. Ma tali effetti collaterali positivi della pandemia impallidiscono davanti all’instabilità, c’è poco da fare. Tanti sono stati lasciati senza lavoro e senza un reddito, in particolare i freelance o i lavoratori dei settori che sono stati chiusi a causa del virus.
C’è una buona notizia. In questo stato di cose così fragile, le persone stanno formando reti di supporto reciproco (e più locale) e al contempo stanno prestando attenzione a come i brand trattano i loro dipendenti, in particolare quelli con ruoli in prima linea. I lavori precedentemente considerati “poco qualificati” stanno ora ottenendo il riconoscimento che meritano, proprio perché abbiamo scoperto quanto siano vitali per il funzionamento della nostra società. Insomma, ci ricorderemo di chi ha cercato di fare la propria parte e di chi ha trattato i lavoratori come usa e getta. Anche Gordon Ramsey, per fare un esempio, è dovuto tornare sui suoi passi.

Carico valoriale
Ma approfondiamo il tema di come noi cittadini stiamo imparando a riconoscere il valore di certi lavori che fino a questo momento sono sempre stati in secondo piano. Il Coronavirus ha portato a un cambio di prospettiva interessante: quelle che in genere sono state considerate posizioni professionali privilegiate si sono ritrovate improvvisamente a casa; quelle che invece erano “poco qualificate” si sono ritrovate in prima linea, impedendo alla società di collassare. E diamo a questi ultimi – operai, magazzinieri, corrieri, cassieri, netturbini, postini, operatori sanitari – molto più valore.
Con buona parte delle persone – soprattutto della fascia più giovane – che chiede al proprio datore di lavoro ideale valori che corrispondono ai propri, il trattamento delle aziende dei propri lavoratori durante questo periodo di crisi sarà decisivo rispetto alla reputazione tra i consumatori. Ci sono realtà che stanno facendo la differenza, nel proprio settore di riferimento. Netflix, ad esempio, ha creato un fondo di soccorso da 100 milioni di dollari per aiutare coloro che lavorano nelle industrie creative e che sono rimasti senza reddito durante la pandemia.

Dimensione domestica
Il cambiamento del mondo del lavoro è intergenerazionale persone di tutti i livelli di anzianità e tipologie di lavoro stanno prendendo parte al più grande esperimento di lavoro a domicilio del mondo (come viene definito qui da The Atlantic). Se ci pensiamo bene, milioni e milioni di persone stanno vivendo la medesima esperienza condivisa. Questo fa sì che in tanti sui social media si stanno aprendo sui propri alti e bassi lavorativi. Pensiamo a tutte le battute sulle teleconferenze, i meme sulla realtà del lavoro a distanza, le critiche di pancia al Governo, i commenti sui 600€ alle partite IVA: la quarantena ha sdoganato i pensieri più privati.
Il desiderio delle persone di parlarne potrebbe aprire la strada a una nuova accettazione di conversazioni oneste sulle proprie carriere. Intanto, Instagram è stato inondato di post con hashtag #workingfromhome. Anche qui, non abbiamo quasi più filtri. Vediamo le case di datori di lavoro e di dipendenti, le loro librerie e il loro arredamento, sentiamo i figli piangere e i cani abbaiare, e non ci stupiamo più. È la nostra nuova normalità.
Poi certo, c’è chi cerca ancora l’effetto wow, anche su Zoom.

Formazione continuativa
E infine, parliamo di come molti lavoratori abbiamo usato questa opportunità per migliorare sé stessi e ampliare le proprie conoscenze in vista del “ritorno al futuro”. Infatti, c’è chi ha usato queste settimane di quarantena per iscriversi finalmente ai corsi di formazione che avevano rimandato da tempo. Numerose realtà hanno rilasciato risorse gratuite, dalle scuole alle case editrici, anche quelle più tradizionali.
Coursera, nel frattempo, sta rendendo gratuiti i suoi contenuto alle università, cercando così di coinvolgere le generazioni più giovani che sono alla ricerca di conoscenze essenziali e trasversali per il loro percorso di carriera. MasterClass, per fare un altro esempio, offre invece sessioni di domande e risposte gratuite con i suoi principali esperti VIP e offre un doppio pass da 200$ per l’accesso illimitato sulla sua piattaforma didattica. Non male anche per chi si sta attrezzando a rispolverare anche l’inglese.

Alice Avallone (Asti, 1984) insegna alla Scuola Holden e fa ricerca con l’etnografia digitale per le aziende. Da anni, infatti, unisce scienze sociali e ricerca in Rete per comprendere le relazioni umane online: codici, comportamenti, linguaggi. In passato ha scritto una guida di viaggio con la rivista Nuok (Bur), il manuale Strategia Digitale (Apogeo), e ha curato il libro Come diventare scrittore di viaggio (Lonely Planet). Per Franco Cesati Editore ha pubblicato il saggio People Watching in Rete. Ricercare, osservare, descrivere con l’etnografia digitale e il manuale di scrittura per il turismo Immaginari per viaggiatori. A inizio 2021 è tornata in libreria con #Datastories. Seguire le impronte umane sul digitale per la collana Tracce di Hoepli.